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La Legge della Regione Toscana sulla partecipazione

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Home Page » Documentazione » I progetti » Partecipazione » Archivio della Partecipazione 2008-2012 » La Legge della Regione Toscana sulla partecipazione

LE PREMESSE POLITICHE L’idea di una legge regionale sulla partecipazione nasce da una diffusa preoccupazione: da una parte, le istituzioni della democrazia rappresentativa vivono e sentono una crisi di legittimazione, ossia possiedono tutti i titoli per assumere decisioni, ma questo si verifica, sempre più spesso, nel vuoto e nella “solitudine” dei decisori, in assenza di canali efficaci di comunicazione con la società. Chi è chiamato a decidere, spesso, sente intorno a sé un clima di sfiducia, e non riesce a percepire il
livello e la qualità del consenso sulle scelte che deve compiere. Ci si accorge che non basta una
periodica verifica elettorale: occorrerebbero momenti e canali permanenti di mediazione tra politica, istituzioni e società, ma tali canali risultano spesso opachi o occlusi.
Da qui, dunque, la necessità di cercare nuove vie e nuove forme di partecipazione, che superino questi limiti e queste difficoltà.

LE RISPOSTE E GLI OBIETTIVI
Di fronte a tutto ciò, la via scelta dalla Regione Toscana è dunque quella di ripensare il ruolo e le forme della partecipazione: occorre ricercare un punto di equilibrio nuovo tra democrazia rappresentativa (a cui nessuno può negare la responsabilità ultima delle decisioni) e democrazia partecipativa, le forme attraverso cui i cittadini possono concorrere al governo della cosa pubblica: non solo essere informati e consultati, ma anche contribuire, con la loro esperienza, ad una migliore qualità delle decisioni collettive.
La legge regionale sulla partecipazione si propone come uno strumento innovativo per incentivare e diffondere nuove forme e nuovi metodi di partecipazione, attraverso la costruzione di nuovi istituti partecipativi, percorsi e regole condivise per discutere i problemi grandi e piccoli di una comunità, valutare le possibili soluzioni attraverso il dialogo e il confronto, entro tempi definiti, nella fase preliminare che precede la vera e propria decisione. Una legge, dunque, che promuova la creazione di luoghi e spazi per un confronto razionale tra le diverse tesi, tra cittadini disposti a rimettere in questione le proprie opinioni iniziali, in cui alla fine si cerca una soluzione quanto più possibile condivisa.
E’ una legge che si ispira agli ideali della democrazia deliberativa, molto presente nella tradizione politica e nella cultura anglosassone.

COME FUNZIONA LA LEGGE
La legge regionale toscana sulla partecipazione è costruita intorno a tre pilastri:
- in primo luogo l’istituzione del Dibattito Pubblico Regionale, ovvero la possibilità che, su grandi interventi, opere pubbliche o questioni di rilevante impatto ambientale e sociale per la vita dell’intera comunità regionale, si svolga un confronto pubblico che si articoli sulla base di regole precise, dalla durata di sei mesi, organizzato e condotto sotto la responsabilità di un organo “terzo”, indipendente e “neutrale”, che la legge istituisce: l’Autorità regionale per la garanzia e la promozione della partecipazione.
Nell’insieme, il modello di Dibattito Pubblico è un modello ispirato alla ricerca della massima trasparenza nella fase di individuazione delle ragioni di un progetto, delle possibili soluzioni e delle possibili alternative. Il Dibattito Pubblico Regionale dovrebbe configurarsi come una grande
occasione di apertura e di coinvolgimento collettivo, scandito attraverso varie fasi di confronto tra ipotesi e soluzioni diverse e attraverso il ricorso ad una pluralità di strumenti partecipativi: la diffusione di una base di documentazione tecnica ampia e condivisa, l’interrogazione di esperti e scienziati, forum tematici o altri momenti “regolati” di discussione tra i cittadini e di verifica sul formarsi e il mutare delle loro opinioni e preferenze, l’uso di internet e delle nuove tecnologie dell’informazione, ecc.

- in secondo luogo un’azione di sostegno e di supporto ai processi locali di partecipazione, siano essi promossi sia dagli enti locali che dai cittadini, o da altri soggetti. La legge prevede che un ente locale, ma anche un gruppo di cittadini, un’associazione, un istituto scolastico o anche un’impresa, possano presentare un progetto di processo partecipativo, intorno ad un oggetto ben definito e circoscritto, della durata massima di sei mesi, indicando i metodi e gli strumenti più adatti, tali da assicurare comunque la massima “inclusività”, ossia che tutti i punti di vista e gli interessi siano coinvolti e che tutti abbiano pari opportunità di esprimersi. Spetta all’Autorità regionale la valutazione e l’ammissione dei progetti presentati, sulla base di una serie di condizioni e requisiti che la legge indica. L’ente competente in materia, dichiara, all’inizio del processo, di impegnarsi a “tener conto” dell’esito del processo partecipativo o, in ogni caso, di motivare adeguatamente e pubblicamente le ragioni del mancato o parziale accoglimento dei risultati.
Il sostegno regionale ad un progetto può essere di tipo finanziario, metodologico (assistenza, consulenza, ecc.) o anche logistico (ad es., supporti informatici).

- in terzo luogo, il rafforzamento e l’estensione, tramite una serie di modifiche alla legislazione regionale vigente, dei numerosi momenti di “partecipazione” che sono già previsti nelle politiche regionali e nelle stesse procedure della programmazione della Regione Toscana (vedi in materia di territorio, di sanità, in materia sociale, in materia rifiuti e in materia di rete telematica).

Per ulteriori informazioni e approfondimenti visita il sito della Partecipazione della Regione Toscana

Ultima modifica

giovedì 20 marzo 2014

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