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CAVE

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VISITARE LE CAVE IN SICUREZZA

Ogni itinerario che arriva alle cave dovrebbe iniziare e finire nel centro storico di Carrara dove, su carri le cui ruote sono il simbolo della città, per secoli è arrivato il marmo più pregiato per essere consegnato nelle mani di artigiani e artisti e diventare un'opera eterna.

Prima di salire lì dove il taglio della pietra che affascina il mondo avviene da duemila anni è importante conoscerne i segreti: gli strumenti, le tecniche per l’estrazione e il trasporto di blocchi da venti tonnellate di peso lungo pendenze incredibili. La famosa lizzatura, di cui in agosto c’è la rievocazione storica. E infine la lavorazione nei laboratori che, nel corso di 20 secoli, hanno visto infinite mani incidere il marmo. Per conoscere tutto questo e quindi gustare in modo diverso la visita alle cave, il primo passo da programmare e fare è una visita al Museo Civico del Marmo dedicato proprio ai segreti di questo incredibile materiale.

E poi partire a piedi, in bici, in auto, in moto verso queste montagne uniche al mondo.

Le cave sono il frutto del lavoro dell'uomo, un lavoro che prosegue tutt'oggi. Qui il confine tra strade pubbliche o strade private, tra luoghi accessibili o riservati ai cantieri, è molto sottile, spesso invisibile.

Si tratta di un territorio affascinante che va trattato con grande rispetto per la sicurezza di tutti. Per questo ognuno è invitato a fare molta attenzione, quando possibile a muoversi con le guide, a leggere e rispettare tutte le indicazioni fornite dai Punti di Informazione e Accoglienza Turistica. Ad avere consapevolezza del luogo in cui ci si trova. E godersi lo spettacolo perché si entra in un universo fatto di uomini e identità: di pietra, lavoro, arte, cultura, genio, storia, bianco e anarchia.

 

 

Photo Credits: @SeaEdizioni2019

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L'ESTRAZIONE DEL MARMO

Duemilasettecento anni di storia guardati con la lente della lavorazione del marmo diventano un viaggio negli usi e costumi, nella scienza e nella tecnica, nell’economia, il coraggio, la visionarietà e il carattere di una popolazione unica.

Iniziarono gli etruschi intorno al VI secolo a.C. per creare oggetti votivi con il marmo proveniente dalle Alpi Apuane e continuarono i romani per abbellire la loro capitale. Sotto l’imperatore Tiberio venivano perfino riscosse le tasse sull’estrazione del prezioso materiale.

Per venti secoli la tecnica estrattiva è sempre la stessa: quella della frattura. In pratica si individuava una linea di frattura nella vena nella parete di marmo e, lentamente e con infinita pazienza e fatica, la si allargava fino a formare una V, dentro cui inserire perni di ferro fino a determinare il distacco del blocco. Stesso risultato con il legno che veniva poi bagnato per aumentarne il volume e determinare lo stesso risultato. Fino a quando non è arrivata, nel Cinquecento, la polvere pirica. Le esplosioni di intere pareti continuano per secoli fino ad affinarsi nell’Ottocento con la tecnica della “varata” tramite cui si realizzavano profondi fori in cui inserire gli esplosivi e creare il distacco di grandi pezzi di roccia che poi venivano lavorati a valle della parete. Lo spreco era gigantesco e i danni all’ambiente notevoli.

Tutto cambia con due invenzioni che permettono di tagliare finalmente i blocchi con precisione: il filo elicoidale, introdotto alla fine dell’Ottocento e costituito da un intreccio di fili d’acciaio che scorrono sul marmo utilizzando acqua e sabbia come sostanze abrasive. E il filo diamantato, negli anni Settanta, che permette un taglio molto più rapido e preciso. 
Lo sviluppo scientifico, il motore a vapore prima e il motore elettrico poi, non porta solo il filo elicoidale ma anche nuove tecniche di trasporto che, fin dall’epoca dei romani, si traducevano nella lizzatura, ossia lo scorrimento controllato dei blocchi lungo pendii con pendenze vertiginose, e il trasporto con carri trainati da buoi. Una tecnica altamente spettacolare e pericolosa di cui oggi possiamo goderne la rievocazione nel mese di agosto. 

Con le nuove scoperte tecnologiche arrivano i binari della ferrovia, i treni, nuove strade, nuove gallerie, nuovi ponti, ponteggi e argani elettrici per il sollevamento e il carico di blocchi sui camion che oggi arrivano fin sul luogo dove è avvenuto il taglio.


Il mondo delle cave di marmo è una dimensione affascinante, complessa, controversa, intrisa di storie, sacrifici, magnificenza, sviluppo, conflitti. Un mondo da scoprire in punta di piedi, da ascoltare, da capire, da approfondire nella sua contemporaneità. Da percepire con tutti i sensi: vista, olfatto, udito, tatto. E anche gusto, perché le cave influiscono anche sul gusto e a Colonnata ne sanno qualcosa.

 

Foto credits @Collephoto

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CAVE DI TORANO

Siamo tra le cave di marmo più antiche, quelle da cui i romani prendevano “marmo lunense” per assonanza con il loro insediamento, la storica città di Luni dal cui porto poi i blocchi scendevano fino alla capitale dell’Impero. Lungo le impervie vie che conducevano ai luoghi di estrazione dietro al borgo di Torano saliva il ventiduenne Michelangelo nel 1497 per cercare il blocco perfetto da cui ricavare la Pietà, una delle opere più incredibili mai realizzate dall’uomo.

Nei dintorni della frazione di Torano oggi si scavano marmi pregiati le cui differenze ci introducono nell’affascinante universo di questa roccia straordinaria frutto di un’alchimia metamorfica tra calcare e dolomia che hanno dato origine ad una struttura cristallina a grana uniforme sulla cui superficie la luce riflette in modo unico. E infatti il termine “marmo” deriva dal greco “marmaron” ossia “pietra splendente”. In questo bacino oggi si estrae lo Statuario Venato, il Calacata, il Cremo, l’Arabescato il famoso Bianco Carrara. Materiali che serviti per ornare il Pantheon e tantissimi edifici della Roma Imperiale. Non male per un semplice carbonato di calcio.

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CAVE FANTISCRITTI DI MISEGLIA

Il nome “Fantiscritti” è particolare e deriva da un’edicola incisa sulla parete di una delle cave intorno al 200 d.C. e oggi conservata presso l’Accademia delle Belle Arti di Carrara. Vi sono rappresentati Giove, Ercole e Bacco che rappresentavano Settimio Severo e i suoi figli Caracalla e Geta. Per gli operai del luogo erano rappresentati tre ragazzi che, in forma dialettale, venivano chiamati “fanti”. L’edicola dei Fantiscritti era famosa già nel Rinascimento così come l’abitudine di lasciare il proprio autografo sui muri, per cui vicino al manufatto sono stati incisi i nomi di molti visitatori, tra cui almeno un paio di cui nessuno si è mai lamentato: Canova e Michelangelo. Tutti quei nomi rendevano bene l’idea che i tre ragazzi incisi nella pietra - i “fanti” - fossero circondati di scritte. I famosi Fanti Scritti.

Ad accogliere il visitatore nel cuore dei giacimenti marmiferi è la suggestiva visione dei Ponti di Vara una straordinaria opera di ingegneria di fine ottocento realizzata per permettere alla Ferrovia Marmifera di collegare i bacini estrattivi e il fondovalle fino al mare dove i materiali tagliati potevano essere imbarcati.

La lizzatura era la tecnica utilizzata per portare a valle i pesantissimi blocchi lungo piste dalle pendenze vertiginose, le vie di lizza: da qui con carri trainati dai buoi, ricostruiti a grandezza naturale, venivano portati lungo la via Carriona fino ai laboratori di Carrara o fino al porto per essere imbarcati. Ci sono gli attrezzi di lavoro, da quelli usati in epoca romana fino al filo elicoidale che ha rivoluzionato il taglio del marmo in cava. Ma soprattutto ci si può fare un’idea delle condizioni di vita dei cavatori, delle loro case, di quanto fosse dura la vita di uomini e donne che, fino a pochi decenni fa, dedicavano la propria vita al taglio del marmo.

L’aura di Michelangelo è presente anche in questo bacino marmifero perché da qui viene il blocco di marmo in cui verrà scolpito il David, opera destinata a Piazza della Signoria a Firenze. La sua storia è davvero particolare visto che si trattava di un pezzo che nessuno voleva scolpire.Nella seconda metà del 1400 e a distanza di un decennio, due scultori - Agostino di Duccio e Antonio Rossellino avevano infatti iniziato ad abbozzare il blocco ma si erano fermati per vari motivi tra cui le difficoltà incontrate nel lavorarlo. Difficoltà che invece non fermano il ventinovenne Michelangelo Buonarroti che inizia a lavorarci nel 1501 terminando il capolavoro nel 1504 e, per adattarsi alla forma già iniziata del marmo, deve perfino rinunciare a ricreare un muscolo nella statua che diventerà simbolo di perfezione assoluta nella rappresentazione del corpo umano.

 

Foto credits @E.Casalini

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CAVE DI COLONNATA

Marmo e cibo. Arrivando nel terzo bacino estrattivo delle montagne che sorgono alle spalle di Carrara la mente si rivolge immediatamente al famoso lardo legato al paesino di Colonnata la cui fama è totalmente legata al marmo nelle cui vasche, chiamate “conche” viene fatto stagionare assieme a sale, pepe, rosmarino ed aglio. Ma non ad un marmo qualsiasi ma a quello locale, come indicato scrupolosamente nel disciplinare che garantisce il prodotto IGP: “Le conche sono contenitori di marmo bianco a forma di vasca, realizzate con materiale proveniente dall'agro marmifero dei "Canaloni" del bacino di Colonnata, che presenta peculiarità di composizione e struttura indispensabili all'ottimale stagionatura e maturazione del prodotto”.
 

In pratica con quel tipo di marmo specifico, estratto in un determinato bacino minerario, si realizza un micro-ambiente particolare, ideale per il processo di stagionatura. Si tratta di un materiale secco, con una microstruttura fine e compatta, resistente alla corrosione della salamoia che viene usata per la stagionatura del lardo. Un materiale resistente anche alle legislazioni europee che lo volevano bandire in nome del più asettico alluminio salvo poi dover ammettere che proprio perché avvolto da pietra “viva” la carica batterica della carne veniva abbattuta.

Fermarsi a gustare una fetta di lardo sul pane è anche un modo per entrare nella quotidianità degli antichi cavatori per i quali il lardo era un cibo povero ma dall’alto contenuto calorico.

Anche questo è un modo per rendersi conto di quante infinite caratteristiche e diversità hanno i vari marmi presenti nelle Alpi Apuane. Da scoprire visitando le cave da cui vengono estratti.
 

In questo bacino si trova anche la cava romana di Fossacava la più importante cava antica ad oggi recuperata. Qui si estraeva il marmo “azzurro variegato” di cui parlava perfino Strabone. E qui sono stati ritrovati un gran numero di oggetti destinati all’estrazione del marmo di epoca romana oltre a molteplici testimonianze votive ed epigrafi sulle pareti. Da qui può iniziare un viaggio nel tempo, attraverso duemila anni anni di storia, di uomini, di scienza.

 

Foto credits: @A.Ricci

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LA CAVA ROMANA

La città di Luna, poi conosciuta come Luni, venne fondata nel 177 a.C. dai romani come avamposto contro le ribellioni locali e porto adeguato al trasporto del prezioso marmo lunense di cui la crescita di Roma ha un continuo bisogno. Necessità che raggiungerà la massima intensità nel periodo della Roma Imperiale dove templi e palazzi sono adornati con lastre e sculture della pietra scavata tra le montagne apuane. L’imperatore stesso prenderà il controllo delle cave.

Di questo periodo estrattivo abbiamo testimonianze nella Cava Romana di Fossacava, un antico luogo di estrazione del marmo unico al mondo anche per la bellezza e il fascino che ne caratterizza la collocazione.
Qui, tra le pareti da cui venivano estratti i blocchi e dove sono ancora presenti i segni dei picconi di due millenni fa, sono stati trovati attrezzi da lavoro di epoca romana, sigle incise e anche una piccola statua votiva alla dea Luna, probabile protettrice degli scavatori.
Molti reperti sono oggi raccolti presso il Museo Civico del Marmo.

Nel 2021 l'Area Archeologica di Fossacava ed è stata oggetto di un vasto progetto di recupero e restauro che ha portato alla realizzazione di un rinnovato percorso espositivo e descrittivo.

 

Photo Credits: @R.Rotondo

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LA FERROVIA E I PONTI DI VARA

Siamo nella metà dell’Ottocento, il mondo sta cambiando con un’accelerazione senza precedenti grazie alle innovazioni tecnologiche che si susseguono senza respiro.
Nelle cave sono arrivati nuovi strumenti per tagliare il marmo, la produzione moltiplica ogni anno per far fronte alla grandissima richiesta di marmo di un mondo in piena espansione economica.
Al porto, a Marina di Avenza (l’attuale Marina di Carrara) l’ingegnere inglese Walton costruisce un ponte sul mare dove è possibile caricare i blocchi di marmo sulle navi grazie a delle gru. Serve una forte rete infrastrutturale per portare il marmo dalle cave fino alla rete ferroviaria o marittima. Dopo secoli arriva la prima alternativa a lizzatura e carri di buoi.

Nel 1871 iniziano i lavori di una ferrovia privata i cui primi tronconi vengono inaugurati nel 1876. Nei decenni successivi la ferrovia si estende arrivando a raggiungere i principali bacini di scavo.
Vengono create gallerie e ponti tra cui quelli particolarmente scenografici di Vara oggi trasformati in sede stradale.

I Ponti di Vara furono oggetto di un attentato nel 1899 ad opera dei bovari, ossia i proprietari dei buoi che venivano forniti ai barrocciai, i proprietari dei carri, per garantire il trasporto dei blocchi di marmo fino ai laboratori e alle navi in attesa. Rappresentava l’estremo e disperato tentativo di salvare il proprio lavoro che veniva cancellato dal progresso.

Ma anche la Ferrovia Marmifera dovrà segnare il passo al trasporto su gomma che andrà a sostituire quello su rotaia. La Ferrovia verrà dismessa nel 1964 dopo esere arrivata a trasportare, nel 1926, 500.000 tonnellate di marmo in un anno. La vendetta dei bovari era arrivata attraverso i camionisti. Ma ci è stato lasciato un capolavoro di ingegneria ed estetica che perfettamente si incornicia con l’anfiteatro che lo circonda.

 

Photo Credits: @CollePhoto