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L´escavazione

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L´escavazione

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I Romani staccavano i massi dalla montagna inserendo nelle fessure naturali della roccia cunei di legno bagnato i quali, ingrossandosi, facilitavano il distacco del materiale preventivamente scelto proprio in base alle fenditure circostanti ad esso; leggermente successivo e, per molti secoli, coevo a questo sistema, fu quello mediante il quale venivano scavati; con scalpelli, dei fori nel masso; in essi s’introducevano cunei metallici poi battuti e ribattuti mediante grosse mazze, fino ad aprire profonde scanalature che, a seconda delle proporzioni, costituivano le «formelle» (se praticate su blocchi) o le «tagliate» (praticate su massi più grandi e, perciò, di vaste proporzioni).
La prima vera rivoluzione industriale (dando all’espressione un valore rapportato al tempo cui si riferisce) si ebbe nel XVI secolo quando nelle cave di Carrara venne usata, per la prima volta, la polvere pirica per le mine: era l’anno 1570 e l’avvenimento fu giudicato talmente memorabile che Alberico Cybo fece coniare una moneta celebrativa (una doppia d’argento avente su una faccia l’immagine di un barile di polvere infiammata e la scritta (in tedesco!) «Von Gutten in Pesser»). L’effetto dirompente di queste «varate» ebbe, alla lunga, influsso non solamente sulla produzione ma anche sull’ambiente: le mine frantumavano letteralmente vasti scorci di montagna e facilitavano l’apertura di nuove cave: tutto ciò finì col modificare profondamente il paesaggio dei bacini e col renderlo addirittura perennemente variabile.
Dopo l’introduzione delle mine, per individuare un altro momento veramente innovatore nella escavazione, bisogna fare un salto di quattro secoli e riferirsi al 1895, quando entrò in uso il filo elicoidale. Fu la Ditta Adolfo Corsi ad utilizzare per prima la innovazione tecnologica, immediatamente seguita dalla Ditta Faggioni: «il filo elicoidale, debitamente piazzato su montanti e pulegge - notava il Fabbricotti nel testo citato (Alcuni cenni circa l’industria marmifera apuana - Borgo Val di Taro, 1928) - e poi fatto scorrere con rapidità sul marmo per opera di motori a petrolio o di motori elettrici, è continuamente bagnato da acqua mista a rena, taglia in breve ora i massi dal monte e, quando occorre, i blocchi sul piano di cava. Questo sistema offre i seguenti vantaggi: evita il frantumamento dei blocchi..., riduce al minimo il cumulo dei detriti...; facilita la susseguente riquadratura dei blocchi. Benché costoso mantiene facilmente la cava in efficienza».
Una innovazione richiede e ne favorisce altre: pochi anni dopo, nel 1897, fu ancora la Ditta Corsi ad adoperare per prima le corone diamantate e le pulegge penetranti, che venivano così presentate nell’uso:
«Con la corona diamantata mossa dall’energia elettrica, si riesce a far nel masso un taglio circolare che può raggiungere una profondità di 20 metri, permettendo, di conseguenza, di distaccare dal blocco una sottile colonna di altrettanta lunghezza. Questa colonnetta rivela, tra l’altro, la qualità, le macchie, i difetti interni del masso...
Accade così che, per la disposizione del monte, le gallerie non possono venir praticate: allora i fori fatti con la corona diamantata servono da guida alla puleggia penetrante che apre la strada al filo elicoidale».
Ancora qualche anno e poi nelle cave comparvero i primi martelli pneumatici, mediante i quali si poteva praticare in un’ora sola un foro da mina che, prima, richiedeva l’impegno di due operai (uno a tener fermo ‘l pistolét, cioè la lunghissima subbia penetrante, e l’altro a battere di mazza) per due giorni.
L’anno che possiamo considerare come un punto di incontro fra le innovazioni fin qui ricordate e quelle legate agli anni successivi è il 1910: in esso la Società Idroelettrica Apuana installò in zona un grande impianto che generalizzò l’uso dell’energia elettrica almeno nelle più grandi Imprese. Da allora, con rapidità, i diversi tipi di motori, a nafta, elettrici, a scoppio, hanno integrato l’energia umana.
Oggi la tecnologia è entrata nella cava con strumenti che hanno, in larga parte, integrato e sostituito il lavoro dell’uomo: telai monolama a diamante, che scendono fino a 60/90 cm. l’ora; pale meccaniche di enorme potenza.
Le cave del carrarese in attività sono circa 270 e costituiscono, in larga parte, l’avanguardia nella innovazione tecnologica del settore in campo mondiale.

Ultima modifica

lunedì 03 marzo 2014

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