Con “La cantatrice calva” di Eugène Ionesco, per la regia di Massimo Castri, in collaborazione con Marco Plini, traduzione Gian Renzo Morteo, prosegue la stagione di prosa, realizzata da Comune di Carrara e Fondazione Toscana Spettacolo.
In scena sul palcoscenico della Nuova Sala Garibaldi venerdì 14 e sabato 15 febbraio, Mauro Malinverno, Valentina Banci, Fabio Mascagni, Elisa Cecilia Langone, Sara Zanobbio, Francesco Borchi. Lo spettacolo è una produzione Teatro Metastasio Stabile della Toscana.
Eredità del grande Massimo Castri, quest’ultima regia suona come un anatema contro l’imbecillità della nostra epoca costituita da infinite e inutili parole. Il testo di Ionesco, come si legge nella recensione a cura degli allievi dei corsi di scrittura condotti da Stefano Massini, è tutto giocato su un’assenza, quella di un personaggio che mai arriverà sulla scena: per lui non c’è posto, perché la scena è occupata da conversazioni vuote, rapporti finti, convenzioni sociali, perfetti virtuosismi di
routine conformista. Attori di spessore e ritmo comico incalzante sono i protagonisti di un salotto borghese che si ridicolizza fino a esplodere. I rapporti umani sono folli, allora come oggi; le parole si svuotano di significati ogni volta che la vita non le attraversa, sono rigide ripetizioni di suoni convenzionali e ridicoli, come le frasi del manuale di inglese su cui Ionesco studiava un secolo fa.
L’incapacità di comunicare fa da primadonna anche nell’era della comunicazione globale: tutto diventa attuale.
La prevendita è in corso presso la biglietteria della Nuova Sala Garibaldi con orario 10.00 / 12.30 e 17.00 / 18.30, mentre nelle due giornate di spettacolo la biglietteria è aperta dalle ore 10.00 alle 12.30 e dalle ore 18.00. Inizio spettacolo ore 21.00.
Ulteriori informazioni sulla stagione di prosa telefonando all’Ufficio Cultura ai numeri
0585.641393-510, alla Nuova Sala Garibaldi, tel. 0585. 777160, oppure visitando il sito del Comune all’indirizzo www.comune.carrara.ms.it, oppure quello di Fondazione Toscana Spettacolo www.fts.toscana.it
VALENTINA SPERLÌ ROBERTO VALERIO ANTONINO IUORIO NICOLA RIGNANESE L’IMPRESARIO DELLE SMIRNE di Carlo Goldoni
con Massimo Grigò e Federica Bern, Alessandro Federico, Chiara Degani, Peter Weyel
personaggi ed interpreti
Alì Nicola Rignanese
Carluccio Antonino Iuorio
Lucrezia Chiara Degani
Tognina Valentina Sperlì
Annina Federica Bern
Pasqualino Alessandro Federico
Il Conte Lasca Roberto Valerio
Maccario Massimo Grigò
Beltrame Peter Weyel
adattamento e regia ROBERTO VALERIO
scene Giorgio Gori – costumi Lucia Mariani – luci Emiliano Pona
Composta nel 1759, l’opera è una splendida e divertente commedia che presenta un impietoso ritratto dell’ambiente degli artisti di teatro, ambiente che Goldoni conosce a fondo: può a ragione “parlarne per fondamento”, come egli stesso dichiara nella prefazione dell’opera.
La vicenda, ruota attorno ad un gruppo di attori, uomini e donne, tutti pettegoli, invadenti, boriosi e intriganti che, disperati e affamati, vivono per un breve attimo l’illusione della ricchezza nella speranza di riuscire a partire per una favolosa tournée in Oriente con Alì, ricco mercante delle Smirne intenzionato a formare una compagnia d’Opera, e tornare carichi d’oro e di celebrità.
Facili prede di mediatori intriganti, di impresari furbi e rapaci, i poveri artisti scoprono a loro spese che le regole del Teatro sono eterne e che la loro vicenda scritta 250 anni fa ha un sapore grottesco di attualità.
Distratti dalle loro piccole beghe e rivalità, occupati a farsi la guerra per far carriera, invidiosi di una posizione nella gerarchia di palcoscenico, di un costume più o meno sfarzoso, di un privilegio in più e soprattutto di avere una paga l’uno più alta dell’altro, non si accorgono di essere delle piccole sciocche marionette i cui fili vengono manovrati da chi il potere veramente ce l’ha, per la sua posizione o per il suo denaro.
L’impresario delle Smirne è un grande affresco – spiega Roberto Valerio – una cantata corale affidata all’insieme della compagnia che lo rappresenta: ogni personaggio si rivela incisivo, necessario in un “divertissement d’ensemble” che restituisce il clima lezioso e libertino dell’epoca. Ma che allo stesso tempo offre l’occasione per porsi alcune domande di sconcertante attualità: che importanza ha l’Arte e in modo specifico l’Arte teatrale nella società contemporanea? E che ruolo riveste all’interno di suddetta Arte, l’attore? In quale modo è possibile riuscire a realizzare spettacoli di grande valore artistico senza adeguate risorse finanziarie? Credo che per gli artisti di teatro sia doveroso riuscire a costruire spettacoli che ‘parlino’ al pubblico di oggi, con un linguaggio assolutamente contemporaneo, così come ho cercato di fare già con Il Vantone di Pasolini ed Un marito ideale di Wilde. Nell’Impresario si parla di grandi illusioni, di grandi promesse, della precarietà del lavoro, della mercificazione del corpo che spesso impera nel mondo dello spettacolo… Togliendo ciò che è più datato, si porta in luce il nucleo vero del testo, che risalta grazie al linguaggio teatralissimo di Goldoni. Il suo ritratto dell’ambiente del teatro e degli attori, in particolare, è ancora straordinariamente attuale, con tutte le sue contraddizioni e precarietà. Ho cercato di rimanere fedele
al testo originale, pur intervenendo sulla struttura drammaturgica, incastonando l’uno nell’altro i primi due atti, ‘tradizionale’ presentazione dei personaggi.
Dal punto di vista registico, ho immerso il testo in un’ambientazione anni Cinquanta con riferimenti vari alla filmografia italiana (ovviamente Fellini, ma anche Vita da cani di Monicelli, le atmosfere
dell’avanspettacolo…) con molte citazioni. In questa commedia si ride, e molto, m a si riflette anche su temi importanti. Con tutti gli attori, poi, si è creata davvero una splendida collaborazione e lo spettacolo è davvero il risultato di un grande lavoro di gruppo.”